Con piacere pubblico, autorizzato da Nuitdetokyo, la versione definitiva del suo post inizialmente pubblicato su FetLife a questo link: https://fetlife.com/groups/23278/group_posts/8045056
Lo scritto contiene molti spunti di riflessione su cosa sia il bondage giapponese in generale, oltre a un approfondita ricerca filologica ed etimologica sulle due parole shibari e kinbaku.
Lo scritto originale in inglese segue in calce.
Buona lettura.
Shibari è una parola giapponese che significa “legare”. Non deriva dal kanji/hanzi 縛, ma esisteva già nella lingua giapponese (in forma non scritta) prima che i monaci buddisti cino-giapponesi importassero in Giappone il sistema di scrittura cinese.
Shibari si scrive oggi 縛り, dove 縛 è un carattere cinese (hanzi) pronunciato “fu” in mandarino e “bok” in cantonese (omettendo i toni in entrambi i casi), e pronunciato “baku” in giapponese. E’ facile vedere che la lettura giapponese è stata importata dal cantonese, o da un altro dialetto della Cina meridionale; questo è coerente con le rotte commerciali dell’epoca. “Ri” (り) è un hiragana, cioè un segno alfabetico giapponese (anch’esso graficamente derivato da un carattere cinese, in questo caso dal carattere 利 che si legge “li” in mandarino, “lei” in cantonese e “ri” in giapponese). Il fatto di scrivere “ri” crea poco impatto sul significato della parola “shibari” […].
Kinbaku (緊縛) è una parola giapponese di recente invenzione (probabilmente del 20° secolo), creata appaiando due caratteri cinesi: un tipo di processo estremamente diffuso nella lingua giapponese. La parola kinbaku non esiste nella lingua cinese.
(Excursus su un’altra parola, come esempio: una costruzione simile è自由 “propria ragione”, che fu creato per tradurre la parola “libertà” in giapponese. Questa parola esiste anche in cinese e fu probabilmente importata nel 20° secolo).
La parola kinbaku è formata da due caratteri cinesi; il primo, 緊, è letto “jin” in mandarino, “gan” in cantonese e “kin” in giapponese. In cinese significa “in modo stretto”; il secondo, come spiegato sopra, significa “legare”.
Dopo queste premesse, è necessario far notare due aspetti. Il primo è che il verbo giapponese shibari e il verbo cinese 縛 (jin), benché molto simili per significato, presentano comunque una piccola differenza, poiché 縛 (jin) include il significato che la cosa o persona legata non si possa più muovere. Il verbo shibari significa legare, ma non implica necessariamente che la cosa non si possa più muovere una volta legata.
Il secondo aspetto è che i giapponesi hanno usato la lingua cinese (o più esattamente una versione locale della lingua cinese) per tutti gli atti ufficiali fino al tardo 19° secolo (come i monaci irlandesi hanno usato il latino fino a molto dopo la caduta dell’impero romano). In questo modo le parole cinesi assumono in giapponese un certo grado di durezza/ formalità/ufficialità comparate alle parole originali giapponesi: una lettera personale che esprime dei sentimenti avrà una maggioranza di parole di origine giapponese, un documento ufficiale una predominanza di parole cinesi.
Quindi abbiamo una situazione in cui “shibari” significa legare, e kinbaku significa “legare in modo stretto, tale che non ci sia possibilità di movimento dopo la legatura”.
A questo punto dobbiamo scrivere chiaramente che non c’è accordo tra i giapponesi su quale sia, in termini concreti, la differenza tra shibari e kinbaku, sempre che ce ne sia una. Osserveremo che la maggior parte degli artisti giapponesi gravitano istintivamente verso un termine o verso l’altro nelle loro conversazioni, a seconda delle circostanze.
Per esempio, Yukimura Haruki (era ancora vivo all’epoca dello scritto – N.d.T.) esplicitamente descrive la sua corda come “Shibari, non kinbaku”, mentre qualifica altri artisti come “praticanti di kinbaku, non di shibari”. Come già fatto notare altrove, egli spesso afferma che gli piace legare in modo che la modella possa muoversi un poco: così che pensi di potersi slegare, quando in realtà, non può.
Nawashi Kanna, al contrario, usa spesso -ma non sempre- la parola kinbaku quando parla di corde.
C’è una situazione in cui tutti i giapponesi concordano: nella frase “facciamo bondage giapponese tutti insieme”, è sempre “shibarimashou” (facciamo shibari) e non “kinbaku o shimashou” (facciamo kinbaku). Al contrario, i libri pornografici e i film preferiscono kinbaku -o una sua variazione- quando devono scrivere il titolo (grassetto del traduttore), poiché suona più formale.
Ad esempio, Yukimura (che di solito usa la parola shibari – N.d.T.) ha realizzato una serie di DVD chiamata 縛縄, cioè “bakujou”: “corda che lega”, con la parola “corda” scritta in modo che si legga “jou” -la pronuncia cinese- e non “nawa” -la pronuncia giapponese. (I titoli richiedono una maggior formalità e vengono quindi scritti con parole di origine cinese – N.d.T.)
Inoltre, una persona che usa le corde a un alto livello ed è rinomato come artista della corda è un “kinbakushi”, o “bakushi”, non un “shibari shi” -anche nel caso di Yukimura (che pure definisce la sua pratica “shibari” – N.d.T.).
Come ulteriore esempio, durante una recente visita al fiorista locale, e dopo aver scelto i fiori, la giovane e avvenente fioraia da dietro il bancone ha chiesto “shibarimashou ka?” e cioè “leghiamo?”. Sfortunatamente, non intendeva chiedermi di saltare su di lei ed eseguire una legatura, né di farmi legare a un albero sul retro del negozio; ma, semplicemente, se volevo che i fiori fossero legati prima di incartarli -perchè gli appassionati di ikebana non fanno legare i fiori, ma li portano a casa sciolti. Ovviamente, in quella situazione, shibari funziona (legato ma con ancora possibilità di movimento), mentre kinbaku non funziona.
Il punto principale di questo post, è che, assimilare “shibari” a un estensione sessuale dell’hojojutsu, come a volte viene fatto, è in effetti piuttosto fuorviante. La maggior parte dei giapponesi descrive lo shibari come un’attività feticistico/erotica che prende in prestito alcuni elementi dall’hojojutsu, ma anche elementi di estetica, e di fantasia sessuale… Paradossalmente, e questo è molto difficile da far comprendere fuori dal Giappone, l’elemento eros/sentimento (気持ち “kimochi”) è molto più importante dell’elemento hojojutsu (o delle acrobazie); benché, chi vede una performance per la prima volta, noterà principalmente l’aspetto tecnico delle corde.
In estrema (eccessiva?) sintesi, lo Shibari/kinbaku ha a che fare con quello che succede nella realtà e nella fantasia, e non tanto con le attrezzature (corda, trave, tatami, bavaglio…), e sicuramente non ha nulla a che fare con i “nodi”.
Infine, anche se la comunicazione, il “leggere l’altra persona”, è visto da molti artisti e modelle come una delle parti essenziali di questa arte (forse l’aspetto più importante), molto raramente i giapponesi descrivono lo Shibari/kinbaku come “scambio” (a meno di non intendere la comunicazione come uno scambio); in parte perché esiste un’asimmetria nello shibari: nel senso che il ruolo della persona che lega e il ruolo della persona legata sono intrinsecamente differenti.
La persona più importante in “quello che sta succedendo” è in realtà la modella. Come Yukimura ci ha ripetuto venerdì scorso mentre ero insieme con il famoso Pedro (artista della corda e regista del film Jyowa), il bakushi deve “immergersi” nella mondo della fantasia della modella, così che lei possa “perdercisi dentro”; perché quel mondo improvvisamente si espande grazie allo shibari (o kinbaku), eseguito dal bakushi. Solamente se questo accade, c’è shibari/kinbaku: una cosa molto distante dai nodi tecnici di un dato stile di hojojutsu, il cui scopo principale è legare prigionieri così che non possano scappare.
Shibari is a Japanese word which means “to tie”. It is not derived from the Kanji/Hanzi 縛、it was pre-existent in the Japanese language (in a non written form) before the importation by Japanese/Chinese buddhist monks of the Chinese writing system into Japan.
It is written 縛り、where 縛 is a Chinese character (Hanzi) pronounced “fu” in Mandarin and “bok” in Cantonese (I am omitting the tones in each case) and pronounced “baku” in Japanese (it is easy to see that the Japanese reading has been imported from Cantonese (or another South China dialect) and this is coherent with the trade routes at the time ) and り is a hiragana , i.e. a Japanese alphabetic sign (which is also graphically derived from a Chinese character, in the present case 利 read li in mandarin, lei in cantonese and ri in Japanese ). its writing, rather annoyingly complex as most of the Japanese writing system, bears little impact on its meaning and its origin as a purely Japanese word.
Kinbaku 緊縛 is a Japanese word of recent invention (probably 20th century) created by pairing two Chinese characters, the process in itself is a widespread occurence in Japanese language. As such, the word does not exist in the Chinese language.
( unrelated word excursion: a similar construction 自由 “self reason” was created to translate “liberty ” into Japanese.This one does exist in Chinese as it was imported into the Chinese language at (probably) the beginning of the 20th century).
Kinbaku is formed of 2 Chinese characters, the first one 緊 is read jin (mand.) gan (cant.) kin (jap.) and means in Chinese “in a tight way” and the second one discussed supra means to ” tie securely”.
After these prolegomena, two remarks have to be made.
First is that the Japanese verb Shibari and the Chinese verb 縛 (jin) although close in meaning are slightly different as 縛 (jin) includes the notion that the thing/person tied cannot move once tied. The verb shibari means to tie but does not necessarily implies no further movement.
And also that the Japanese have used Chinese language (or more exactly a local version of Chinese,) for all official acts well into the 19th century (in a manner similar to Irish monks using Latin well after the fall of Rome). So Chinese words in Japanese have a certain degree of harshness/ hardness/ officialdom-ness compared to Japanese original words (which is why a personal letter expressing feelings will predominant use Japanese words over Chinese words, with the opposite for official documents).
So we have a situation where shibari means to tie, and kinbaku is a rather recent word meaning “to tie tightly so that there is no movement after the tie”.
At this point we have to state clearly that there is no agreement, among Japanese people, as to what is, in concrete terms the difference between shibari and kinbaku, if there is one.
We will observe that most Japanese rope artists with instinctively gravitate towards one or the other in their conversations depending upon the circumstances.
For instance, Yukimura Haruki explicitly describe his rope as “Shibari not Kinbaku” while he qualifies some other rope artists as “doing Kinbaku not Shibari”. As noted in a previous post, he often says that he wishes to tie to the point where the model can move a little bit in the tie, think she san untie herself, while in fact, she cannot.
Nawashi Kanna, on the contrary will often, but not always, use Kinbaku when talking about rope.
There are situation where all Japanese agree: is that in the sentence “let’s do Japanese rope together”, it is always Shibarimashou (let’s shibari) and not “kinbaku o shimashou” (let’s kinbaku). On the reverse, pornographic books, movies will prefer Kinbaku, or a variation of it, in the title, as it is more formal, for instance Yukimura has a series of DVDs called 縛縄 i.e.
Bakujou (“binding rope” with rope read jou (the Chinese reading) and not nawa (the Japanese reading)).
Also, a person doing rope at a high level and well known as a rope artist is a kinbakushi, or a bakushi, not a “shibari shi”, even for Yukimura Haruki.
As a further example, during a recent trip to the local florist and after choosing the flowers, the rather young and pretty girl behind the counter asked “shibarimashou ka” i.e. “shall we tie”. Sadly it did not mean that she asked me to jump on her and execute gote 101 at high speed or that she wanted to tie me up to a tree at the back of the shop but whether I wanted the flowers to be tied together before being wrapped ( she has a significant number of Ikebana people who normally do not tie the flowers together when buying). Clearly in that situation, shibari (tied but with some remaining movement) works, Kinbaku does not work.
More importantly, and this is the main point I would like to make here, is that, assimilating Shibari to a sexual extension of Hojojutsu, as is sometimes done, is in fact rather misleading. Most Japanese will describe it as a fetichist/erotic activity which borrows elements of hojojutsu, but also of esthetics, fantasy….Paradoxically (?), and it is a point very often hard to explain outside of Japan, the Eros/feeling (気持ち ”kimochi”) element is far more important than the hojojutsu (or acrobatic circus) element, although any first time spectator will mainly see the (technical aspect of the) ropes.
In a very (too concise?) way, Shibari/Kinbaku is about what happens, in reality and in fantasy, and not so much about the tools (rope, beam, tatami, hair pin, gag etc..) and certainly not about “knots”.
Finally even though communication, “reading the other person” is seen by many rope artists and rope models as an (the?) essential part of the art, very rarely do Japanese refer to Shibari/Kinbaku as an “exchange” (unless you assimilate communication to an exchange), in part because there is an asymmetry in Shibari, i.e. the role of the person being tied and the role of the person tied are fundamentally different.
The central person in “what happens” is in fact the model, and as Yukimura told us again last Friday when I was there with rope artist and movie director extraordinaire (Jyohwa) Pedro: The Bakushi has to “dive into” the fantasy world of the model so that the model can “lose herself into it” because that world suddenly expands thanks to the Shibari (or Kinbaku) executed by the Bakushi. Only if this happens, there is Shibari/Kinbaku, very far away from technical knots in a given Hojojutsu style, whose main aim is to tie convicts so they do not escape.