Kinbaku è il nome con cui viene designata la disciplina della legatura erotica in stile giapponese. Questa parola significa “legame stretto”; a volte si usa anche un suo sinonimo: shibari, che letteralmente significa “legare”. È una creatura giovane: Ito Seiu, considerato il padre del kinbaku moderno, venne alla luce nel 1882. Ito pubblicò il primo libro fotografico di kinbaku nel 1928; lo stesso periodo in cui Man Ray fotografò “Le Violon d’Ingres” e “Lacrime di vetro”.
Ito Seiu
Ito Seiu si ispirò in realtà a un insieme di tecniche molto più antiche. Le corde infatti erano usate in origine per immobilizzare e torturare i prigionieri di guerra e i criminali comuni. Egli riadattò queste tecniche al corpo femminile, ne rinnovò l’aspetto estetico e soprattutto trasformò un insieme di tecniche in una vera disciplina. Da Ito Seiu in poi, il bondage giapponese non fu più solo la conoscenza di un complesso di legature codificate. Divenne anche l’attitudine di quello che i giapponesi chiamano “kokoro”, e cioè cuore, spirito, mente.
Bondage giapponse: un viaggio, non una meta
In quest’ottica quello che importa di più non è il risultato finale, ma le sensazioni provate e condivise da chi lega e dalla persona legata. Nel bondage occidentale questo aspetto è secondario nella maggior parte dei casi, mentre l’enfasi è posta sull’atmosfera della scena (spesso di rapimento) e su quello che potrebbe essere fatto al partner dopo averlo immobilizzato. Nel kinbaku invece la corda non deve soltanto creare un disegno sulla pelle e immobilizzare o modellare il corpo come una scultura. Deve soprattutto essere il prolungamento delle mani di chi lega: il rigger (kinbakushi in giapponese). La corda deve essere uno dei mezzi attraverso cui i due comunicano le proprie emozioni all’altro.
Sensazioni ed emozioni
La capacità emotiva e percettiva della persona legata spesso cambia profondamente durante la sessione. Diverse forme d’arte inducono stati alterati di coscienza: ad esempio in letteratura o nel cinema si parla di sospensione dell’incredulità. La persona legata attraversa diversi stati percettivi; quello verso il quale idealmente si tende viene chiamato “rope space”. È uno stato di grazia e totale abbandono in cui le sensazioni sono intense e gratificanti. È molto difficile raggiungere il rope space senza aver vissuto nel migliore dei modi il percorso che parte dalla fiducia e arriva al piacere passando per le stimolazioni intense che il rigger esercita sul partner per mezzo della corda.
La fiducia reciproca è parte integrante della sessione. Solo quando chi si lascia legare percepisce il rigger come completamente affidabile può abbandonarsi e vivere pienamente le sensazioni donate dalla corda. Il dono della fiducia e l’intensità del contatto sono due fra le più importanti caratteristiche condivise fra il kinbaku e alcune altre discipline appartenenti alla sfera della sessualità alternativa. Un altro punto in comune è il legame con l’erotismo: un buon rigger usa la corda per accarezzare e stringere il corpo del partner; l’appassionato carattere erotico di questo tipo di stimolazione dona a molti un piacere profondo e appagante durante la sessione.
La bellezza di questo percorso, in certi casi, è tangibile anche per chi osserva dall’esterno, tanto che oggi le performance di kinbaku sono numerose e annoverano una notevole quantità di estimatori in Giappone e nel resto del mondo.