Shibari (縛り) è una parola giapponese che vuol dire “legare”. Più nello specifico, il kanji 縛 veicola il concetto di “legare”. Il kana り serve per coniugare il verbo, ma non cambia la sostanza del significato.
La parola “kinbaku” indica solo la legatura erotica in stile giapponese; il verbo shibari si usa anche nelle situazioni quotidiane (legare i lacci delle scarpe, ad esempio). I giapponesi chiamano il bondage sia shibari che kinbaku, con piccole sfumature di significato.
Origini dello shibari
Alcune circostanze pratiche hanno favorito lo sviluppo dello shibari in Giappone. In questo Paese, l’atto di legare fa parte della quotidianità.
Gli abiti tradizionali non hanno bottoni, ma sono chiusi con fasce di stoffa. L’impugnatura della katana, la tipica spada giapponese, è fatta con un nastro di tessuto legato e intrecciato. La corda è usata per delimitare le aree sacre nei templi. Potremmo continuare a lungo questo elenco.
Prima di parlare di shibari, dobbiamo capire lo sviluppo del suo precursore: lo hojo-jutsu. Si tratta di un’arte marziale che consiste nell’immobilizzare un avversario per mezzo di una o più corde.
Le prime tracce di queste tecniche risalgono all’epoca Muromachi. Più precisamente i primi documenti si riferiscono alla guerra civile di Onin, nel 1467. Questa guerra diede origine a un lungo periodo di lotte intestine, chiamato epoca Sengoku, che si concluse soltanto nel 1603.
Gli sforzi bellici di quest’epoca diedero grande impulso alla tecnica e alla tecnologia militare. Ad esempio, in quest’epoca la katana raggiunse la sua forma iconica. Allo stesso lo hojo-jutsu si perfezionò, fino alla sua massima efficacia.

Shibari: tra sofferenza e vergona
A causa della scarsità di materie prime, il ferro in Giappone veniva usato solo quando indispensabile. In particolare le applicazioni tipiche erano due:
- La costruzione di attrezzi agricoli
- La realizzazione di armi
L’importanza di questi due usi è chiara. Per ogni altra applicazione, quando possibile, si preferivano materiali più poveri. La corda divenne uno strumento utile per diversi scopi collegati alla cattura dei priginieri:
- Trasferimento di detenuti a rischio di fuga
- Tortura per ottenere informazioni militari da prigionieri di guerra, o confessioni da prigionieri comuni
- Esposizione pubblica dei malfattori come punizione
Nel popolo giapponese inizia a crearsi un nesso tra il fatto di essere legati e l’umiliazione e la sofferenza. Allo stesso tempo, non dobbiamo dimenticare che anche le aree sacre vengono cinte con una corda, e che i regali più preziosi sono decorati con nodi rituali.
Come spesso accade nella cultura giapponese, lo stesso gesto o la stessa parola possono avere significati molto diversi a seconda del contesto. Ad alcuni questo potrebbe suggerire una similitudine con lo shibari: quando leghiamo qualcuno, stiamo creando per quella persona – e per noi – un’esperienza difficile, ma anche appagante.
Il primo seme dello shibari
Nel 1603 Ieyasu Tokugawa pose fine all’epoca Sengoku, unificando tutto il Giappone sotto il proprio dominio. La dinastia Tokugawa fu al potere fino al 1868. Questo periodo è noto come epoca Edo.
Un potere centrale significò anche un unico codice penale. Nel “codice dei 100 articoli” del 1742, lo shogunato stabilì i metodi permessi per ottenere una confessione da un prigioniero. Si tratta di quattro torture che venivano eseguite in sequenza:
- Flagellazione.
- Legatura a gambe incrociate, con il collo vicino alle caviglie.
- Tortura delle tibie: il prigioniero deve inginocchiarsi, seduto sui talloni, sopra una tavola con diversi spigoli perpendicolari alle tibie; in seguito delle pietre vengono poste sopra le cosce per aumentare la pressione.
- Sospensione con legatura degli avambracci, con i gomiti piegati.
Rispetto alle torture europee praticate ad esempio dall’inquisizione, le torture giapponesi erano molto più lente. Lo scopo di questa lentezza era indurre un crollo psicologico nel prigioniero. Lo shibari moderno eredita la progressione lenta da queste tecniche, anche se lo scopo è completamente diverso.
Oggi la lenta progressione consente alla persona legata di erotizzare la sofferenza che cresce man mano. Un dolore acuto e improvviso è più facilmente fastidioso che erotico.

Il germe dell’estetica dello Shibari
Oltre a produrre un unico codice penale, la stabilità politica del periodo Edo, contribuì a un rinnovamento delle arti. Fu l’epoca d’oro dell’ukiyo-e, un tipo di pittura che rappresentava all’inizio soprattutto scene di normale vita di città. Con il passare del tempo comparvero anche altri soggetti.
Tra gli altri, per la nascita dell’estetica del kinbaku hanno particolare importanza:
- le shunga, rappresentazioni erotiche
- le seme-e, rappresentazioni di scene di tortura e costrizione
Spesso i due generi si toccavano, e le scene di costrizione includevano elementi di erotismo e vice versa. In questo modo venne a formarsi un gusto che alcuni secoli più tardi divenne quello che oggi chiamiamo shibari.
Il teatro kabuki
Dopo la fine dell’epoca Edo, nel 1868, l’imperatore Matsuhito iniziò un profondo rinnovamento del Giappone. La tortura fu proibita dal sistema giudiziario, ma continuò a far parte della cultura popolare giapponese grazie al teatro kabuki.
All’epoca il kabuki era una forma di teatro di strada, ricco di scene di inseguimento, lotta, e tortura fatta con le corde. Gli attori erano tutti uomini, ma spesso era necessario rappresentare donne legate. In questo periodo nacquero i pattern tipici dello shibari, per ottenere una forma femminile da un corpo maschile.
Oggi è più comune vedere lo shibari praticato su un corpo femminile. A maggior ragione, molte legature tipiche pongono ancora più in risalto le forme di una donna.
Ito Seiu: padre dello shibari
Nel 1896, Ito Seiu vide una scena di tortura durante una rappresentazione kabuki. Si trattava di tre infermiere giapponesi che venivano legate e torturate dal nemico per ottenere informazioni militari.
Appena quattordicenne, Ito rimase folgorato dall’estetica della sofferenza, in particolare dalla bellezza dei capelli scarmigliati.
Fu un pittore prolifico in moltissimi generi, ma l’espressione estatica dei personaggi femminili nei momenti di sofferenza fu uno dei soggetti principali della sua arte.
Intorno al 1930 Ito pubblicò diverse fotografie di donne legate. Le corde sono del tutto marginali. Il suo interesse si concentrava sul volto e sui capelli scompigliati. Molte foto erano addirittura dei semplici bozzetti per un successivo lavoro pittorico.
In ogni caso Ito Seiu è fondamentale. È il primo personaggio storico del quale possiamo dire con certezza che abbia legato le proprie modelle.

Nascita dello shibari moderno: Kitan Club e altre riviste
Nel 1945 il Giappone esce sconfitto dalla seconda guerra mondiale. Questo creò un clima di sconforto culturale negli anni successivi. Negli anni ’50 e ’60, nacquero le prime riviste “pulp”. Le più famose erano Kitan Club e Uramado. Negli stessi anni John Willie pubblicava Bizarre in America. Molte fotografie mostrano una influenza reciproca tra il bondage americano e quello giapponese in quell’epoca.
Inizialmente stampate su carta di bassa qualità, queste riviste contenevano racconti vagamente erotici con scene di costrizione. Il pubblico apprezzava e quindi vennero inserite illustrazioni e infine fotografie. Proprie queste foto sono le prime testimonianze di ciò che possiamo chiamare shibari in senso moderno.
La nascita dei due filoni dello shibari
Nel realizzare le fotografie per le riviste, Minomura Kou si accorse che non era interessante solo il risultato visivo della legatura finita. Capì che anche l’interazione delle due persone durante la sessione di shibari poteva essere di impatto.
Dall’altra parte Osada Eikichi iniziò a esibirsi in pubblico, e sviluppò un nuovo insieme di tecniche, a suo avviso più adatte agli spettacoli di shibari in presenza di un pubblico.
Le leggende dello shibari
Negli anni ’80 entrambi i filoni ebbero un grande successo. Il lavoro di Nureki Chimuo si ispirò a quello di Minomura Kou e per molti versi lo superò.
Nureki continuò a concentrarsi sula relazione tra le due persone durante la sessione di shibari, e introdussenel kinbaku anche un elemento di sfida per il corpo. Dobbiamo infatti tenere presente che Minomura Kou si concentrava quasi esclusivamente sulla vergogna della persona legata. Anche il Maestro Yukimura Haruki interpretò lo shibari nello stesso modo.
Dall’altra parte Akechi Denki perfezionò le tecniche performative, creando spettacoli di bondage ad altissima tensione per il suo pubblico. Si serviva di cambi di posizione molto veloci, cadute spaventose, e momenti di grande brutalità.

Lo shibari nel nuovo millennio
Gli allievi di queste leggende sono tutt’ora viventi. Naka Akira porta avanti il lavoro di Nureki, Osada Steve calca le orme di Osada Eikichi. Nawashi Kanna prosegue quanto iniziato da Akechi Denki.
Ognuno dei due filoni si sviluppa, sia raffinando le proprie caratteristiche, sia prendendo spunto dall’altro. I moderni Maestri di shibari spesso hanno studiato con più di un insegnate, e interpretano a proprio modo gli elementi di tutti.
Oggi in effetti la didattica è molto cambiata. Siamo passati dal tramandare le conoscenze da maestro ad allievo in modo quasi esoterico, a corsi di shibari con decine di studenti. Da un lato questo rende meno facile il passaggio di certe sottigliezze tra maestro e allievo, dall’altro aumenta in modo esponenziale il numero di praticanti.
Un numero maggiore di praticanti determina una maggior rapidità nell’evoluzione della tecnica e un rapido miglioramento dei criteri di sicurezza.