Se ci ripenso ancora inizio a sentire i brividi lungo il collo e la sensazione di caldo che dal basso sale e mi divora dentro.
Non era mai successo così, non ho mai provato rassegnazione e forza allo stesso tempo come ieri sera.
È ancora giorno, il cielo sta per diventare scuro ma ancora si vede benissimo, l’aria è fresca, tanto che i miei muscoli sono un po’ rigidi.
Poco più in là in casa dei nostri amici, una coppia sta iniziando la sua sessione di kinbaku.
Noi usciamo per non disturbare e per ritagliarci un angolo intimo per noi due, perché da tempo non vengo legata. Sono stata distante da Kirigami per oltre 4 mesi per via del lavoro, ci vedevamo poco e lavoravamo tanto. Mi mancava essere legata, ma non avevo troppo il coraggio di chiedere, spero sempre che sia lui che all’improvviso mi rapisca per portarmi nel suo angolo buio.
D’un tratto Kirigami mi spinge faccia contro l’hashira in giardino, lasciandomi in piedi mentre il tk prende forma. Tremo un po’, mi sento stanca e spenta, ma c’è qualcosa dentro che mi spinge verso quella parete scura.
Quando Kiri chiude la seconda corda sento di essere molto stretta; respiro poco ma non voglio dire nulla. All’improvviso vedo una piccola scala vicino all’hashira e sento lui che mi prende per i capelli, indicandomi di salire le scale.
Salgo il primo scalino e mi fermo, pensando di non dover andare oltre.
Mi spinge verso il secondo, sempre tirandomi per i capelli…e poi il terzo. Mi gira con la schiena contro l’hashira e lega il tk in alto. Il pavimento sotto di me è lontano ed io piano piano vengo stretta contro quel palo che ormai sembra un muro.
Poi tocca alla vita, il mio punto vita diventa stretto, inizia a mancarmi l’aria, intanto l’hashira è sempre più conficcata nella mia schiena.
Sento delle voci e inizio a sentire il fruscio degli alberi e le cicale. Fa caldo e fa freddo, non so cosa stia accadendo, mi chiedo se la sensazione sia la stessa dei martiri.
Quando la mia vita è completamente strozzata e anche lei contro il palo, ecco che arriva il momento delle gambe…e un altro tentacolo mi avvolge e mi tira contro e dentro l’hashira.
Non posso muovermi.
La piccola scaletta non ha più senso che stia sotto di me…sparisce.
Non ho nemmeno un millimetro di agio per spostarmi e aggiustarmi qualche piccolo fastidio.
È arrivato il momento delle caviglie, mentre intanto la vita è stretta e sente il peso delle gambe. Anche le caviglie vengono spinte con forza contro l’hashira e non c’è più spazio per respirare.
La mia testa cerca di andare indietro, come per cercare ossigeno in alto; posso vedere tutti da quell’altezza, che sembra aumentare sempre di più, minuto dopo minuto, centimetro dopo centimetro.
Ora sono ferma, immobile. In tutto questo ho sentito solo un’ombra nera avvolgermi. La sento, a volte è fisicamente lontana, altre vicina… ma la sento anche sul collo, sento il suo fiato sul collo che infatti si scalda, brucia.
Sudo.
Ad un certo punto mi sento persa, ma allo stesso tempo al sicuro. Mi sento come in una stanza nera, rinchiusa da un carnefice che prova così tanto amore per me, che non vuole cedermi al resto del mondo, nemmeno per farmi respirare.
Questa sensazione mi fa cadere in un singhiozzo. Vorrei piangere, ma la corda sul petto non mi permette di farlo, nemmeno la vita. Il corpo cede e non reagisce più.
“Non riesco nemmeno a piangere” urlo a Kirigami… ed in quel momento è stato come tornare a respirare.
Cedo in un pianto di disperazione prima e rassegnazione dopo, ma dura molto poco perché piangere mi fa troppo male.
è brutto non poterlo fare, è stato come se in un momento di lutto qualcuno mi impedisse di liberarmi dal dolore.
Intanto sento come se un cane dal basso stesse iniziando a sbranarmi, cercando di mangiare ogni singolo pezzo di me per potercelo avere dentro di se per sempre. Sento i morsi e voglio piangere ancora, ma posso poco, riesco poi lentamente e con singhiozzi piccoli a tirare fuori la paura, la rassegnazione e la forza.
Quel cane è li, sento che mi stava mangiando e osservando.
L’hashira continua ad essere parte di me, la sento nelle ossa e tra le mani, è un sostegno ma allo stesso tempo il patibolo.
La sensazione di caldo inizia a farsi sempre più viva, il cielo è sempre uguale, il tempo si è fermato. Io sono in alto che annaspo qualche centimetro d’aria, quando poi all’improvviso non sentito più niente. Dalla mia bocca esce solo aria, non una parola…quando ad un certo punto inizio a boccheggiare in loop che sto male.
In realtà non voglio dire nulla, ma dentro di me sento una voce che dice un elenco infinito di cose caotiche. Vuole forse che io le dica.
Otto mani attorno a me, Otto…il mio sguardo è perso, il mio corpo è schiacciato contro l’hashira e contro il muso di quel cane, mentre una sensazione bellissima entra nel mio corpo.
è appena finito tutto, ma non voglio, fatemi tornare lì su.
Kirigami ha dovuto avvicinarsi e farsi aiutare per raccogliere i brandelli.
Quando il mio stesso peso smette di farmi soffrire, quel cane torna. Sono a terra ormai, può fare qualsiasi cosa con il mio corpo. Decide però di leccarmi le ferite, continuando a mordermi dove ancora la carne è intatta.
Il mio corpo è più stanco, il freddo è tornato vivo, è ancora giorno però.
Sono nuovamente sospesa, ma non più in alto dove dovevo cercare ossigeno. Sono vicina al pavimento del capanno degli attrezzi, con i cespugli poco più in là.
Mentre Kirigami continua a legarmi mi risveglio e riesco a sentire ogni centimetro del mio corpo, vedo che ora è buio. All’improvviso.
Ora sono sola. Accanto a me non c’è più nessuno. Ne il cane, ne Kiri, ne i nostri amici.
Ci sono solo io, legata a un’Hashira che preme contro la mia spalla.
Solo sola e stanca. Ho paura, ma sento i rumori provenire dalla casa. Penso che potrei urlare, chiedere aiuto. Mi sento al sicuro.
I miei sensi sono attenti, provo a girarmi ma non posso. Sento il fruscio degli alberi e gli insetti sul corpo.
Dopo un tempo indefinito Kiri torna, arrivando dal buio.
Ora ho solo le mani legate, i piedi e il collo… sparisce, di nuovo. Io mi sento disperata.
Le mie orecchie sono più tese di prima, la luna riesce ad illuminare abbastanza da non farmi avere paura. Vedo ombre tra gli alberi, sento voci strane, ho paura ma allo stesso tempo penso che dovrei forse averne di più, che non è normale.
Ripenso poi a quel pianto non sfogato, a quel momento, a quei pochi centimetri d’aria. Fa tutto male ma allo stesso tempo credo di non essere mai stata così felice
Nel buio, seduta a terra, con gli insetti che ormai hanno percorso tutto il mio corpo penso a quel pianto, ai miei brandelli. Penso a Kiri che è lontano ma lo sento sul collo.
Piango.
Vedo una luce arrivare dalle mie spalle, è lui di nuovo.
“Ora mi libera” penso.
Le sue mani ora sono sopra il mio corpo, sento addosso l’odore del cane che mi ha ridotto a brandelli e reso vuota, felice, nuda.
Sento freddo, un gran freddo adesso, tremo.
Kirigami mi prende in braccio, mi porta in casa e mi scalda.
Era lui, è sempre stato lui. Era il cane, era il buio, era l’ossigeno e la disperazione. Era quel pianto bloccato e quel fruscio tra gli alberi.
Se ci ripenso ancora inizio a sentire i brividi lungo il collo e la sensazione di caldo che dal basso sale e mi divora dentro.